LA GRAMMATICA DEL VENTO
L’ascolto del tutto sentito schiude il mondo alle sue minime voci, a una grammatica sinestetica che rende il poeta un essere leggero, alato e sacro in volo sulle cose. Come attraverso una doppia lente di ingrandimento, poesie e aforismi offrono un doppio sguardo sull’universo lirico della vita d’artista. E così il vento trasporta sui luoghi, sulle anime, sugli amori, ora dentro, ora fuori di essi, in una raccolta dal sapore terrestre e salmastro.
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Tra questi versi traluce un percorso di ascesi, di passaggio repentino verso l’alto: distaccandosi da terra, il mondo appare così dotato di un significato metafisico che la fede rende comunicabile («aquiloni impazienti di voli / fragili noi»). È fede che viene da Dio, dal passato, dalla religiosità archeologica degli avi, dalla storia individuale che assume in questa poesia una dimensione collettiva e archetipica. È fede nelle abitazioni che sopravvivono al disastro del tempo come custodi di memoria; è fede nelle radici che sostengono la vita, nascoste ma indispensabili; è fede nella fraternità con gli altri uomini («non siamo stranieri»), ma anche con il mondo animale sofferente; è fede anche negli alberi, abitati da uno spirito umano in una sorta di metamorfosi. È fede nella terra e nelle sue rocce, ventre materno foriero di vita e custode di morte: spesso lo scenario è una casa dei ricordi d’infanzia, oppure il Matese, o ancora il panorama usuale e quotidiano ma gravido di memorie. In ogni caso, la fede è nella parola poetica, indotta dal vento a vagare e a perpetuare le storie. […] (Donato Loscalzo)
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