Ho letto l’ultimo romanzo “essenziale” di Greta Rodan. Già la prima impressione mi era piaciuta per il dibattito tra donne competenti, tutte attive in Molise.
Il romanzo riflette il noto impegno della scrittrice contro la violenza di genere (e la violenza in tutte le sue forme), che diventa lotta da combattere con l’arma della parola. Di questo, di morte della rabbia, di disgusto, di silenzio e di nascita e rinascita parla la scrittrice con i suoi personaggi e i suoi lettori.
La scrittura è bellissima, poetica. Si ha l’impressione di prendere un treno che porta via il lettore, attraverso l’incantevole concatenazione di immagini, ricordi, sentimenti. In appena sessantacinque pagine si raccontano vite di donne di epoche diverse, in luoghi diversi, e la narrazione risulta essere perfettamente compiuta.
Bisogna essere dei bravi scrittori per affrontare un testo come questo, che, diversamente, risulterebbe inconsistente o incompleto, nel migliore dei casi. Il suo romanzo, invece, è un microcosmo densissimo. Sublime proprio il passaggio sui treni e le associazioni mentali che, naturalmente, ispirano.
Per me, un romanzo apripista.
[Commento ripreso dal web]
