È una dimensione temporale nuova – non lineare né ciclica ma spiraliforme – quella che tesse la poesia di Antonella Sozio, che si muove come il ragno, girando intorno al centro della sua tela, ma allontanandosi da esso, in una sorta di percorso centrifugo e con una prospettiva che cambia ogni volta. La vicinanza alle cose, infatti, può spesso distorcere, togliere il senso, oppure ingannarci. Meglio è allontanarsi progressivamente, cogliendo l’insieme.
La tela di ragno, inoltre, deve irretire e per questo si espande sottile e preziosa, creando una trama invisibile che cattura. E questa poesia ammalia, pur nel dichiarato dolore misto a inquietudine che si agita al fondo, quasi che per mano ci porti a una verità estrema, a disvelare un iperuranio nostalgico.
Tra questi versi traluce un percorso di ascesi, di passaggio repentino verso l’alto: distaccandosi da terra, il mondo appare così dotato di un significato metafisico che la fede rende comunicabile («aquiloni impazienti di voli / fragili noi»). È fede che viene da Dio, dal passato, dalla religiosità archeologica degli avi, dalla storia individuale che assume in questa poesia una dimensione collettiva e archetipica. È fede nelle abitazioni che sopravvivono al disastro del tempo come custodi di memoria; è fede nelle radici che sostengono la vita, nascoste ma indispensabili; è fede nella fraternità con gli altri uomini («non siamo stranieri»), ma anche con il mondo animale sofferente; è fede anche negli alberi, abitati da uno spirito umano in una sorta di metamorfosi. È fede nella terra e nelle sue rocce, ventre materno foriero di vita e custode di morte: spesso lo scenario è una casa dei ricordi d’infanzia, oppure il Matese, o ancora il panorama usuale e quotidiano ma gravido di memorie. In ogni caso, la fede è nella parola poetica, indotta dal vento a vagare e a perpetuare le storie.
Più di una volta si rimane impressionati, commossi, feriti da parole che sono terragne, impantanate, gravitanti, ma che sfiorano l’animo con una carezza, quella della levità , della maestosità del volo, della vertigine del canto.
🖋DONATO LOSCALZO | Commento a “La grammatica del vento” di Antonella Sozio (ed. Dieci Lune, 2025)
🖋DONATO LOSCALZO | Commento a “La grammatica del vento” di Antonella Sozio (ed. Dieci Lune, 2025)
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